26 Dicembre 2019
La prostatectomia radicale robot-assistita è migliore dell’intervento a cielo aperto nella cura del tumore della prostata? Comporta minori rischi di disfunzione erettile e incontinenza urinaria?
L’intervento di prostatectomia radicale ad oggi rappresenta una delle soluzioni terapeutiche più frequentemente indicate nei pazienti con diagnosi di tumore della prostata. Consiste nell’asportazione completa (“radicale”) della prostata e dei suoi annessi - le vescichette seminali e le ampolle deferenziali – oltre che dei linfonodi presenti nello scavo pelvico. Questo intervento comporta obbligatoriamente l’asportazione anche del tratto dell’uretra che decorre all’interno della ghiandola prostatica e prevede pertanto una successiva “anastomosi” (ricongiungimento) del collo vescicale con la porzione di uretra che si trova distalmente alla prostata.
L’obiettivo della prostatectomia radicale è quello di rimuovere la totalità delle cellule neoplasiche e consentire quindi la guarigione del paziente affetto da tumore prostatico. Si tratta di una procedura chirurgica potenzialmente a rischio di alcuni effetti collaterali in grado di alterare la qualità di vita del paziente. Sebbene in un soggetto adulto senza velleità riproduttive la prostata sia un organo virtualmente inutile, si trova in stretto rapporto con alcune importanti strutture anatomiche che possono risultare danneggiate dall’intervento: parliamo in particolare del muscolo sfintere dell’uretra e delle fibre nervose responsabili dell’erezione del pene. In base a quanto detto, tutti i pazienti che si sottopongono all’intervento di prostatectomia radicale corrono un certo rischio di incontinenza urinaria e di disfunzione erettile (o impotenza).
La prostatectomia radicale laparoscopica:
Nel corso degli anni la tecnica chirurgica relativa all’intervento a cielo aperto è stata finalizzata e via via migliorata per cercare di ridurre l’incidenza di questi effetti collaterali. Negli ultimi decenni l’intervento tradizionale è stato affiancato da interventi meno invasivi realizzati mediante l’approccio laparoscopico. Come tutti ormai sanno, l’intervento laparoscopico prevede l’introduzione degli strumenti operativi attraverso piccoli accessi cutanei e si utilizza una telecamera in grado di “proiettare” sul monitor le immagini ingrandite del campo operatorio. I tessuti asportati in corso di prostatectomia radicale laparoscopica non cambiano rispetto all’intervento tradizionale ma si cerca di ottenere lo stesso risultato oncologico attraverso una procedura meno traumatica e invasiva. Il fatto di poter avere una visione molto precisa e ingrandita del campo operatorio dovrebbe consentire una maggiore precisione nell’identificare e risparmiare le delicate strutture anatomiche (sfintere e nervi erigendi) implicate nell’incidenza degli effetti collaterali. Il limite dell’intervento laparoscopico è dato dalla sua complessità e difficoltà realizzativa, dovuta essenzialmente alla “scomoda” posizione della prostata in relazione ai movimenti limitati consentiti dagli strumenti rigidi utilizzati. La sede della prostata nella parte più bassa e profonda dello scavo pelvico rende alcuni passaggi dell’intervento estremamente complessi e laboriosi – cosa che non accade durante interventi laparoscopici convenzionali realizzati sugli organi addominali (come le colecisti, l’intestino, il rene, ecc).
La prostatectomia radicale robot-assistita (RARP):
Nell’intento di rendere più facile l’intervento laparoscopico è stata sviluppata la tecnologia robotica. A partire dall’anno 2000 abbiamo a disposizione il sistema robotico Da Vinci. In pratica il robot è dotato di strumenti laparoscopici in grado di eseguire movimenti molto più precisi e articolati rispetto a quelli consentiti dagli strumenti laparoscopici tradizionali direttamente impugnati dal chirurgo operatore. Nella chirurgia robot-assistita il chirurgo non opera con le proprie mani ma manovra un robot a distanza, restando seduto ad una specifica console di comando posta all’interno della sala operatoria o nelle immediate vicinanze. E’ bene sottolineare come sia sempre il chirurgo urologo – tramite particolari manipoli e comandi accessori – a pilotare in tutto e per tutto gli strumenti operatori del robot. In pratica la prostatectomia radicale robot-assistita è una versione facilitata della prostatectomia laparoscopica.
Non ci resta che provare a capire se effettivamente la prostatectomia radicale robot-assistita sia in grado di ottenere gli stessi risultati oncologici (in termini di percentuale di guarigione) e una minore incidenza di effetti collaterali rispetto all’intervento tradizionale.
Confronto tra Intervento a cielo aperto e prostatectomia robot assistita:
In questi ultimi anni si è osservato un fenomeno mai visto in passato nel campo della medicina: il robot Da Vinci e la chirurgia robotica sono oggetto - soprattutto negli Stati Uniti - di una pubblicità mediatica simile a quella cui siamo soliti assistere per l’ultimo modello di una determinata automobile o telefonino. L’intervento robotico oggi è molto di moda e spesso è direttamente il paziente a richiederlo anche senza conoscere a fondo tutti i dettagli. Alcuni pazienti sono erroneamente portati a pensare che questa operazione sia interamente controllata dalla robotica e dall’informatica. In generale il messaggio che arriva al paziente è quello di un intervento con rischi praticamente azzerati di effetti collaterali come l’impotenza e l’incontinenza.
Il confronto diretto con l’intervento tradizionale non è facile: anche se il numero dei pazienti operati con le due metodiche è elevatissimo – per una serie di motivi che non abbiamo il tempo di spiegare in questa sede – sono pochi gli studi scientifici che possiamo utilizzare per stabilire quale procedura sia migliore. La situazione ideale per il confronto è quella in cui ogni paziente affetto da tumore prostatico in attesa di prostatectomia venga sorteggiato prima dell’intervento verso la procedura robotica o quella tradizionale; lo studio dovrebbe inoltre includere molteplici urologi operatori e molteplici strutture ospedaliere in modo da rendere meno influenti queste variabili locali.
Oggi abbiamo a disposizione un solo studio eseguito più o meno in questo modo – realizzato in Australia – e pubblicato sulla rivista Lancet nel 2018. In questo studio sono stati “arruolati” 326 pazienti: metà sottoposti a prostatectomia robot-assistita e metà a prostatectomia tradizionale secondo sorteggio. I risultati sono stati valutati fino a 2 anni dall’operazione. I risultati oncologici (e quindi l’efficacia della metodica) sono stati esaminati in base ai margini chirurgici e all’incidenza di ripresa del PSA e non hanno evidenziato differenze significative: l’intervento robotico garantisce la stessa probabilità di guarigione dell’intervento a cielo aperto. La valutazione della sicurezza si è basata sull’incidenza degli effetti collaterali: abbastanza sorprendentemente la prostatectomia robot-assistita non comporterebbe alcun vantaggio in termini di rischi di incontinenza e impotenza né in fase precoce postoperatoria né a 2 anni dall’operazione. L’intervento tradizionale a cielo aperto ha comportato perdite ematiche leggermente superiori e una maggiore durata dell’ospedalizzazione.
Tabella comparativa:
Open (a cielo aperto) | RARP (robot-assistita) | Differenza v = significativa X = non significativa |
|
---|---|---|---|
Margini chirurgici positivi | - | - | X (circa 10-15%) |
Recidiva biochimica (Ripresa del PSA) | - | - | X (circa 10%) |
Incontinenza (in fase precoce) | +/- | +/- | X |
Incontinenza definitiva | +/-- | +/-- | X (circa 10-15%) |
Deficit erettile (impotenza) | + | + | X (circa 30-60%) |
Perdite ematiche | + | - | v |
Durata del ricovero | +/- | - | v |
Costi per intervento | - | ++ | v |
Conclusioni:
La prostatectomia radicale robot-assistita sembra garantire la stessa efficacia dell’intervento tradizionale a cielo aperto in termini di percentuale di guarigione dal tumore prostatico. Per quanto riguarda l’incidenza di disfunzione erettile e incontinenza urinaria, non sembrerebbe essere presente alcun vantaggio rispetto alla prostatectomia tradizionale. L’intervento robotico garantisce comunque minori perdite ematiche e un più veloce recupero post-operatorio. La prostatectomia radicale tradizionale a cielo aperto comporta costi decisamente inferiori e (almeno in Italia) tempi di attesa preoperatori solitamente più veloci. Queste affermazioni ad oggi si basano su un solo studio scientifico e dovranno necessariamente essere confermate da ulteriori esperienze.
In generale – riferendosi direttamente al paziente affetto da tumore prostatico di fronte alla scelta sul tipo di intervento da eseguire – consigliamo di decidere non tanto in base al tipo di procedura proposta, ma dando maggiore importanza all’esperienza e alla “bravura” dell’urologo operatore e ai volumi operatori della struttura dove si eseguirà l’intervento.
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